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Capitolo 1. del Precetto E'udire Mea» Ehe Hi PenitEce dice.che ha Jaíciato d'vdire Mela in giorno di Felta per fua colpa ,l'ha da con- danpare di peccato morrale ; ma deue fará ca- pace del come, e per qual cauía há Jaíciato d'vdirla , nella forma detra . 4. P. Padre, nacculo , che vn'altro giorno di Fea aneno Ja moglie afai inferma , e non poreno lafciar!a foia , e per non aucre chi le af- fiflefie , lalciai d' dir Mella, C, Pensó di far peccaro morrale , non fen- rendo Mejía $ P. Padre si. C. Penso di pih, che peccaga granemente, fc Jaíciana la Moglic 3 P, Padres]. C. Qual de' due cif gli parena, che pin J'obbligafle 4 P. Padre, non feci difinzione dall'yap al!' altro. C. Quantunque nel fare qualch'azione con cofcienza erronea , quaje colcienza derta elicre peccato la cal azzione, vi fía peceato ; ¿pero nel calo di V,S. non w'é peccaco in non fentir Meísa; quantunque per alero la cofcienza er- ronea le dicefse il contrario » Gio. Sanchez nel le Seles. dfp. 41.1, 13. Tomalo Sanchez nella Som, lib, 1. cap. 11, n+ 14. Rodriguez nella Som. 2. part= cap. 54. nm. 6. Calpeníe Trat. de confcienta difp. 2. Self, z2.n. 11. perché il peccaro há da eflere volontario ¿ quando la volontá fi trova tra due cofe, quali non pro efercicare tuct'af- fieme, 8 in tuere due péla eflerni peccaro,perche non é libera, per efercicarlezin ciaícheduna penía di peccare: Adubque non opera volontaria- mente , ne pecca : V,G, il Paltore, che fla sú i monti coll'armento, gin dica, che pecca, la. fciandolo ¿e penfa , che pecca, non fentendo Mefa ¿e ció non oftante, non puó fare tutte due lecofe,e fare coll'armento fu'l monte, e wenire a fentir Melía ; Adunque non £ voloata- rio il trafgredire gueÑi due precerti, che occor- rono afñieme ; lo fiefño paa nel cafo di V,S» 5, Altra coía farebbe, fe la cofcienza erro- nea le anefíe dertaro, ch'era peccaco il non fentig Mefa,e 1Ó gindicana peccaco lafciare l'inferma, l'armento ; in queño galo si, che peccherebbe perla cofcienza erronca nel'ommifñove de!la Mela ; perche allora non propone la cofcien- za due precerci congiunti, ma vnfolo , e cos! rea libera d'efeguirlo . E fe aucfc flimaco, che vna di quefle due cofe l'obbligava pin che Nalera, era obbligato a far quella ,che le párena di maggior obbli- gazione. V.G. fe credena di peccare lafciando Pioferma , e di peccare io non vdir Mela, € giudicana , che pin peccava a non fentir Mefia, echea queño foffe pia Mirerramente cbbliga- to, doucua feguire queíto derrame, $ fencic Mela. $. P.Padre m'accuío ¿ che qualche tempo $3 fono ftato in vn Luogo.doue la Chiela era moi- to Jontana ,e per quefña lontananza ho lafcia- ro molte voite difentir Mefa . C, Quanta diftanza era dalla Chieía ? P. Tre miglía . CC. Portena andarvid cavallo2 P, Padresi. C. 1 tempo tra forfi catrino 4 P, La fBrada era molto fcabroÍt » C, Quando Ja Chicía € diftance vnalegas; quale bifogna fare a picdi, non v'é obbligo d'aodare a fentir Mella. Jid Villalobos nella Som, p. 1.trat. 8.d:f. 36.0.5. fne ; 8 aggiun. er, che quantungue fia diltante meno d'rna lega , fe il tempo e cactino, ntuicolo €:c. ne pure we obbligo: peró porendo andare a Can nallo , non fcufa la diftanza d'vna lega. Ica Diana p, 10. Trat. 15» refol. 35. Se foríi non fofie molro fangofo il camino, O pioueffe , 0 nevicafie, che con fmili circofauze non vé obbligo d'andare longi vna lega, per fentir Meca, quantunque fia a cauallo. Ica Lean- dro del Sacramento Tom, 3. Trat. 2.difp. 2. q. 24» 7. P, Padre m'accufo, che qua!che volra hó faro ftar in caía il feruicore , mentre gli alcrj aodanano alla MeÑa . C. Con che motiuo lo lafciana ja cala ? P. Perchg non mi foie rubaco , C. In quel Luogo,9 nel vicino,era piú d'rnz Mela % perche , le ve ne folle hara vo alcra pon teva il fernitore fentirla , 8 in queño tempo fa» reia cría eli aleri della famiglia , P, Padre, non vera, che vaa Mela, C, Autua alcun fondamento di credere, che gli auerebbero rubaro, fe lafcizua fola la cala? P, Padre, famo ia vn mondo ranro catcivo, che poco ( puo fidare , C, Se auefle vdito, che vifofíero de'ladri, che rubavano le cafs, potena ragionenolmente cemerne ; Leandro ibid, quef. 35. Sin quelto calo von farebbe peccato laícisre chi guardaíse la caía , io tempo che fi dice la Mella al Popo= lo ; ma non an:ndo fondamento da temerne, (e non quel generale d'elsere il mondo cattio, non poreua , ng puo lecicamente, € fenza pec- caco privare della Me[sa il feruicore , 8. P. M'accuío anche della poca atrenzios necolla quale ió ordinariamente alla Meísa , C. Quefta mancanza d' arcenzione € fork, perche vi (tá cicalando4 P, Alcuna volia si, C., Snole ftare diíirareo ja diícorfi molco tempo della McÍsa? P. [tempo non é gran cofa. C. Quando la mancanza dell'gerenzioneé folo per divertir co'! peníere, fi compifce al precerro ia opiaione probabile ( beache la co- mune , e cerca, €, che firicerchi 'arcen.jone ); perché la Chicía non comaada gli acti jnterai; quias
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