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Capitolo Y I. Della Contumelsa ; 199 qui con dareliil luogo «pit degno , comuitar. lo, gli fi dá quefo culto elteriore , e venera. zione,nella quale auanci fis dannificaco: Adun- que ad aqualitalem ( rilarcilce il danno della contumelia con quelti offequij . 1a fe la contumelia foie flaca graue, es l'ofíefo non fi contentalle di quefte elteriori dí- moftrazioni, ma volefle, che 'offenfore gli ad- dimandafle perdono , dice Leo , ibi, che io gueño caío deue farlo - 45. P. Padre, faro obbligato a reflituite Ponore ia prefenza dejle perfone, auánci le quali ho inziuriaco ? C. Sel'oftefo von fi contenta , che V,S. lo fodisfaccia in privato , auerá obbligo di farlo in prefenzadi quelli, avaoti de” quali l'ha ta- giuriato; perche alcrimenti non vi farebbes egualicá fra Poffeía , e la fodisfazione a 46. Notiñiia primo luogo, chela contu- melia non folo fi commerce in parole, ma an- co co fatris v.g. barrendo alcuno con qual- che baftone + e quefta e Contumelia pid grauc, e ricerca maggior fodisfazione dell' ingiuria farca. Notifi in fecondo luogo, per follieuo ds” Confeflori , la dotrioa d' Egidio Trullench fopra l' 8. del Decalogo lib. 8.cap. 8. dub. 2. m. 7.€ di Bonaciaa dereflit. difp. 2. queft. 5.puniz. 1.7.4.8,3.che quando alcune donnicciuole,o perfone di baña sfera li dicono quarcro paro- le vo poco rifentice , Y ingiuriofe,. non € pec: ato mortale di contumelia; perche per quelto perdono poco del lor"onore , benché lara pec- caro mortale contro la caricd,fe naíce da gra- uc odio, O mala volontá. E per coofegueoza non e necefario coman, dare aloro, che s'addimandino perdono , al: meno forro peccaco mortale + prima, perche liogiuria non e grauc: fecondo perché mue ruémense P' vna d Palira ( dicono le parole pungenti, Se io giufta ricompenía porno tral. íciars la reflicuzione: € vleimamente , quan. tuoque alii le fentino, non perdono coía alcna va úella Jor fama, perche conofcono, che quel- lo Íc lo dicono per impero di colera , e fubici mot dell'animo . 47. Solo ho parlata ¡a tutto quefto coman. damento della derrazione, e contumelia, ia quanto ta!i, 8 in fpacie d'inginflizia , non pe- rojo Ípecic d'vdio, y mala volonrá , che luo- le alic role accompagnare le decrazioni, € mormorszioni, come le. contumelis, e di que: fto odio , e mala volonrá denono jarerrogare i Couofeflori ; poiche per queña hanno vaa malizia diftinta di fpecie contro la carita, E benche la materia della decrazione , O contu- melia Ga leggiera, puo eflere peccato mortale; 8 e, quando prousugono da catrina volonta, e griue odio ; come quello, che defiderando dl rubargran quancitá di roba, ne ruba po» po ca, quantunque ¡'azione elteriore fa leggicra, noa laícia d'eller peccato mortale il defiderio inceriore ¿ cosi anche , benché la materia della detrazione, O concumelia fa leggiera , lara peccato mortale, fe ve defiderio d infamare, O difonorar: grauemente il proflimo . CAPITOLO VIL Efortazioue d quelli, che mormor anp . 47. .«Idaoni, 8 i mali, che canía vna mala lingua, con e facile (pie- garli. S, Giacomo Apofolo di- ce, chela lingua e vn compendio vaineríale di turcii mali, e che l'laferno e quello , che la rifcalda , * ¡nfiamma, per abbrucciarel'al- crui fama, e per incendiare co"! fuo tuoco P'ani- ma dichinoa la frena. Ec il Profcra Dauid dice, chel'hoomo di lingua louga non fará profperaco fulla cerca > vir linguofus non dirige- tur imterra. E el [fraelici, che mormorarono contro Mosé , caltigó Dio S, N. feueriflima- mence ,ecaricó Maria Sorelia d'Arone dile- pra , perche mormoro , é altri molciffimi ca- flighi ha pracicaco la Giuñtizia Diuiva foura perfone inferte dal vizio della mormoraziont. D'vua donaa (i riferilce, che flando per mo- ríre , ciuó fuori la lingua a vifta dí eucci coloro, ch: l'alfifeuano, e con gran do. lore dif: ; Quela lingua e quélla , che mi Con. danna. Lo fleño caftigo puo V.S. temere, fe non procura emendará di quelto vizio: lo faccia pur quanto gli e cára l'anima propria ; poiche - dal mormorare non fe 12 riceue veile alcuño, E quando 6 croutrá in qualche ragionamento, nel quale ( deoigra la fama del proflimo, procuri apparrarícas , 8 vícire da (imi- gliante pracica ; efe non puó elencaríene , al- meno moftri di fentire mal volontieri Gmili difcorfi, e con quelo correggerá coloro, che motimorerauno - Non vorrebbe gid V.S. che alcuno diceffe maie di lei; e delle fue azioni; cosife vuol of. feruare la legge di Dio, e della caricá , non deve dir male del proffimo , quando non vor. rebbe , che alcri lo diceflero dilei. Aunerta figlio, Che oggidi molci fono, ea: hanao per- fo il buon nome per cauía dicerte ligue mor- moratrici,e che v'e sépre l'obbligo di relticuire alproííimo ja fama toltagli, il che e molto difficile, perche gli huomiai fono pia facili á ciedere il male, che il bene; € pero lalci que. fto vizio, che a questo modo adempira V'ob- bligo deila caritá , offetuerá la Lega? dí Dio, vineráia pac: coTproffimo , eL libercra dagli voghionidel Demonio » CA- A a e ñ o A 0 > o . ma E 3 — A A a
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