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IL REGNO D' ETRURIA 387 ria coi suoi scritti, seguiti ben presto in cio anche dagli amici e dagli studiosi7 5 • In realta il documento, pur essendo legato all'opera diploma– tica del nunzio e collaboratori, ha una origine troppo eterogenea perché si possa seriamente discutere di una paternita diversa da quella conferitagli dalla sottoscrizione di Lodovico di Borbone, primo re d'Etruria, alla cui cancelleria giuridicamente appartiene. Per altro il Turchi pur lavorando per la restaurazione dei diritti della chiesa e del culto pubblico, che in quel tempo napo– leonico si veniva operando un po' ovunque, nel suo intimo era lontano dal credere agli effetti miracolistici degli accordi ester– ni tra chiesa e stato. Nell' imminenza della promulgazione del concordato napoleonico 1 ª, paventava infatti che « lo stordimento, il fanatismo» potessero supplire sul momento a una religione che mancava 11 • Per questo dopo avere insistito per mezzo secolo sul– la necessita della religione per il bene privato e sociale dell'uo– mo, ai primi albori della vigorosa restaurazione ottocentesca, pre– venendo i tempi, insistera sull'importanza dell'istruzione catechi– stica 78, accordando anche protezione ad Antonio Silvestro Re– ceveur, fondatore della « Societa del ritiro cristiano» e alle sue « Povere solitarie », venute a Parma per dedicarsi all'educazione giovanile e ai ritiri7 9 • E nelle sue stesse istruzioni pastorali pro– metteva un nuovo ciclo d'omelie dedícate a mostrare l'importanza di una sana educazione religiosa delle nuove generazioni, onde evi– tare nuovi mali alla societa 80 • Tuttavia una sola di queste omelie poté .essere condotta a termine, giacché, prima la morte improv- 75 PEZZANA, Memorie VII, 301; MELZI, Diz~onario di opere anonime I, 342; JOANNES M. A RATISBONA, Bibl. Scrip,t. Cap., 10; PLACIDO DA PAVULLO, op. cit., 32-34; FELICE DA MAR©TO, Biblioteca, 76, 76 E' notevole che gia ne! 1801, cioe prima ancora della promulgazione del concordato con g!i annessi a r t i e o l i o r g a n i e i·, facesse questa osservazione: « .•. In questi ultimi tempi vedendo signoreggiare da ogni banda gli effetti funestí della irreligione... perniciosi ai sovrani ed alla sovranita, alcuni governi incomin– ciarono ad aprir gli occhi, moderarono certe barbare leggi alla Chiesa contrarie ed ai ministri della Chiesa, si fecero a promuovere il culto esterno... S'inculca la re– ligione nei pubblici editti, ma si vede inculcata come per giuoco. Si fa una cosa buona, e ne! tempo stesso se ne fanno cento cattive. Le stesse cose buone si gua– stano colla maniera di :farle. Sí vuole onorata la dívíníta, e ne! tempo stesso sí vuole combattuta la Chiesa. Si lascia la liberta di celebrare e tridui e novene e solennita ad onore dei Santi, ma ne! tempo stesso Gesu Cristo e nei vincoli. Si stende una mano rapace su gli ecclesiastici beni, s'intima ai sacerdoti il silenzio, si toglie al Vicario di Gesu Cristo la liberta d'istruire... ». Op. compl. XIII, 24-25: Sopra la necessita della religione per il pubblíco bene del 1801. 11 Op. compl. XIII, 6, ivi. 78 Cf. Cireolare sopra la dottrina cristiana pubblicata il 28 nov. 1801, in Op. compl. IV, 84-87. 79 Antonio Despuig y Damento, patriarca d'Antiochia al Turchi: Montepul– ciano, 6 gíugno 1802, MBE, Mss. Campar~, 12. SO Cf. Conebusione originale in Ms. parm. 1118, f.28, omesso nella edizione in Op. compl. XIII, 49-68. II Pelleri (cf. Ms. parm. 1118, Avvertenze, n.4) era del parere si dovesse omettere nella stampa anche il paragrafo: « Con una tale educazione con– vengo anch'io che non si avranno né Cesari, né Alessandri. Ma sara questo un gran male? Non avremo né tiranni, né distruttori delle Nazioni, che inondino la superficie del globo di lacrime e di sangue. Ed il genere umano stara peggio per questo? Non avremo né Cesari, né Alessandri, ma avrem degli uomini virtuosi ed
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