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384 ULTIMI ANNI: 1800-1803 punto saliente del breve governo di Lodovico, e attribuito costan– temente, ma senza fondamento, alla penna del vescovo di Parma. Gia al Tassoni, rappresentante della repubbÍica italiana alla corte di Firenze, per la « fraseggiatura non toscana », la legge del 1802 appariva redatta in Roma oppure dal nunzio residente nella capitale d'Etruria 56 • Di fatto i primi maneggi del negozio dell'abrogazione delle leggi leopoldine appartengono al nunzio Caleppi 57 . Nel settembre del 1801, un mese appena dopo l'in– gresso dei reali in Toscana, l'inviato romano, d'accordo col Ven– tura, suggeriva che ad « un colpo di autorita » abrogante le leggi, si dovesse per il momento preferire la graduale derogazione delle medesime, d'intesa col Turchi 58 . Ma il « primo impianto » delle trattative subi un intoppo col richiamo a Parma del conte Ven– tura, invano scongiurato dal nunzio e dagli amici toscani, che inutilmente richiesero la meditazione del Turchi presso don Ferdi– nando59. Cosi i primi ponti crollavano. Sull'inizio del 1802 vennero a trovarsi in Firenze due uomi– ni che impostarono ben diversamente la questione. II nuovo nun– zio De Gregorio e il nuovo ministro di stato Odoardo Salvatico, onnipossente quest'ultimo presso Lodovico, tentarono infatti « un grande colpo » 60 • II 13 marzo 1802 il nunzio aveva gia redatto e consegnato al ministro il canovaccio dell'editto 61 , che venne inol– trato non al Turchi, come avrebbe desiderato il De Gregorio, ma al duca di Parma, affinché, presane visione, incoraggiasse il figlio 62 • •• Al Pancaldi, ministro della repubblica italiana, Firenze 20 aprile 1802, in CANTU, Corrispondenza di diplomatici, 558. 57 G. DREI, op. cit., 79-90. 58 Caleppi alla segreteria di Stato: Firenze, 21 sett. 1801. in P. SAVIO, Clero francese, 616-617. 59 Antonio da Seravezza al Turchi: Firenze, 25 agosto 1801. MBE, Mss. Cam– pori, 12. "º G. DREI, op. cit., 80-86. 61 Le trattazioni :furono condotte con tanta segretezza, che neppure gli agenti di Francia e di Spagna ne ebbero sentare prima della promulgazione. Cf. G. DE CASTRO, Storia d'Italia dal 1799 al 1814, Milano 1881, 153. 62 De Gregorio alla Segreteria di Stato: Firenze 13 marzo 1802, in SAVIO, Clero francese, 619. Di notevole valore, per capire !'animo di don Ferdinando, sono le notizie che lo Scarabelli, su invito del Pancaldi, raccolse in Parma circa l'Editto, ,e che possono riassumersi in questi punti: 1) Il documento e stato preparato senza il voto del Consiglio di stato, « proposto, ed adottato e sanzionato in pochi minuti »; esso non ha nulla di toscano. « Qui poi alcuni vi riscontrano, oltre allo spirito, .anche le espressioni di qualche molto calda omelia, gia recitata e stampata nei tempi passati, che investiva principalmente le saviissime leggi giurisdizionarie mo– denesi, che precedettero quelle di Giuseppe Secondo ». 2) Venne proposto da due « ignoranti superstiziosi » confidenti del duca. 3) Trasmesso al Ventura, questi si limito a ringraziarlo della partecipazione. 4) Don Ferdinando dopo la proclamazione dell'Editto sospese un progettato viaggio in incognito in Toscana e non appariva in « perfetta calma». 5) Per conto suo, pressato dai frati e dai preti ad abolire le leggi giurisdizionaliste di Parma, « poco dissimili dalle Toscane », il duca Ferdinan– do non vi accondiscese mai, limitandosi a derogarne l'osservanza, piacendogli co– mandare anche ai preti e ai frati, quando ne avesse voglia. 6) Compiacenza invece del Turchi. C:f. Scarabelil al Pancaldi: Parma, 11 giugno 1802. MAS, Corrispondenza, 195. Cf. App. I, doc. 60. Per pesare tutta l'importanza del 5° punto (cf. quanto di– eevamo a pag. 126), occorre tener presente questa premessa raccolta in Parma dallo ;l'ltesso Scarabelli: « ·Egli [don Ferdinando] e stato d'avviso di procurarsi lo stesso in-
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