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CAVALIERI DI MADONNA POVERTÀ 123 gilità umana, reputandosi ricchi della loro povertà. Si contentino d'un libretto spirituale, anzi di Cristo crocifisso, e di due fazzo– letti con due mutande. E ricordinsi che secondo il Serafico Padre, il Frate Minore non deve essere altro, se non uno specchio d'ogni virtù, massime di povertà (C, 2 7). LA MAGGIOR RICCHEZZA Che se qualcuno di loro avesse avuto con licenza del Prelato, <qualche librecciolo o altre cosette, subito che si conoscevano di avere affezione, le rendevano al Guardiano. E diceva quel povero fratino: « Padre, io non voglio più questo libro, chè mi conosco d'avere affezione; quando me ne vorrò servire, io lo piglierò, e poi lo rimetterò al suo luogo » (IV, 183). E alla morte, sempre rassegnavano il breviario, la regola, la disciplina ed il fazzoletto al P. Guardiano. E questa era la mag– gior ricchezza di quei servi di Dio, che tanto speditamente se ne passavano al loro creatore, non avendo cosa nessuna che li ri– tardasse (IV, 38). << A me pare - diceva Antonio da Monteciccardo - grande stultizia che _vogliamo essere più savi di Cristo e del nostro Padre S. Francesco, che non ci concede per la regola uso in particolare se non dell'abito, delle mutande, della corda, del breviario, della tonaca o mantello. Tutte le altre cose la Chiesa ce le concede in comune, delle quali abbiamo l'uso di fatto, non però delle super– flue, ma delle necessarie per sostentazione della natura e per l'esecuzione degli o:ffizi della Religione: di queste sole la Chiesa, secondo le dichiarazioni dei Sommi Pontefici, ne tira a sè la pro– prietà, nè noi possiaf110 usare senza offender la nostra professione. E sappiate che quando i frati sono intricati in molte cose, è diffi– cile che abbiano spirito, per esser legati al senso>>. Nbn volle dunque questo santo uom:o aver cosa nessuna. E perchè aveva una corona che glie l'aveva data la duchessa d'Ur– bino, vicino alla morte, fu da S. S. Ill.ma visitato; e partendosi le disse il santo vecchio : « Signora, io conosco essere vicino alla