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IIO LA BELLA E SANTA RIFORMA che consiste nell'uso necessario di cose vili per sostentazione della natura. E se questa povertà esteriore tanto importa, che chi non la osserva non può avere spirito, quanto diremo che importi più la povertà spirituale, la quale consiste in un perfetto stacca– mento da tutte le cose terrene ? E vi dico che faccia l'uomo asti– nenza quanta vuole, diasi all'orazione, vada a Religioni strette, vada al deserto ; pur questo vuole che insino a tanto che gli resta una dramma d'amor proprio o affezione di cose terrene, mai avrà vero spirito. Questa dunque è la vera povertà spirituale, non aver affe– zione a cosa nessuna se non a Dio. E questo chiamava il nostro Serafico Padre alto sapere. Ma per venire più al basso, dico che chi ha affezione a parenti, alla patria, a provincie, a luoghi, agli amici, a cosette che lui usa, come sono libri ed altre cose, non può perfettamente amare Dio (III, 77). Non potrei con lingua esprime1e il gran zelo che io vidi in quei santi d'Iddio di questa povertà spirituale. E dicevano questo es– ser il fondamento della perfezione (IV, 183). Nessuno, dunque, si meravigli nè le reputi estremità, perchè era tanw il desiderio di far penitenza in quei veri servi d'Iddio, che fuggivano per ogni modo tutte le cose che dilettavano al senso, e solamente bastava loro di pigliar l'estreme necessità della natura, perchè era tanta la ridondanza delle dolcezze spiri– tuali, che poco si curavano delle cose che dilettano il senso. Ed era tanto il timore che avevano di non perdersi quel gran dono della contemplazione, che fuggivano ogni diletto corporale con– trario a essa contemplazione (IV, 184). IL VERO FONDAMENTO La esperienza può far vedere a tutti : subito che il frate scac– cia da sè la povertà, casca in ogni altro enorme vizio. Però i frati si sforzino, ad esempio del Salvator del mondo e della sua diletta Madre, d'essere poveri delle cose del mondo, acciò siano ricchi della divina grazia e delle sante virtù e celestiali ricchezze (C, 59).