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GIORNATA DI PREGHIERA E DI LAVORO 93 - Ed io gli risposi : « Ingannatelo ; mettetegli qualche poco di carne nella scudella nella minestra, che non se ne avveda, per– chè questo è un uomo raro, e non poco perderà la nostra Congre– gazione, quando morrà questo santo uomo)). Quel buon Padre semplice fece come io gli dissi ; ma egli, quan– do la ritrovò nella scudella, perchè era Vicario di casa, non essen– dosi il Guardiano, fece chiamare il detto cuciniero, quale inginoc-. chiato in refettorio, gli disse : « Figliolo, tu mi vuoi far ipocrita per forza; avrei voluto più presto che tu ci avessi messo uno scor– zone nella mia scudella che mettervi dentro della carne. Fate .che non vi intervenga più >i. E con molto fervore, pigliando occa– sione, fece un bellissimo sermone per spazio di una mezz'ora, mo– strando di quanta importanza fosse nella Religione il far le parti– colarità, dicendo: « Quindi nascono le divisioni nella Religione, che i frati non solo si dividino e si spiccano dall'amore l'uno del– l'altro, ma odiandosi, sono costretti di separarsi l'uno dall'altro e fare altre sette. Che se la Religione si mantenesse unita in tutte le cose e non si discendesse a particolarità, quantunque ci fossero dell'imperfezioni, non mancherebbe però, a chi volesse far bene, comodità di servire a Dio e osservare la Regola. Ma vedendosi alcuni poverelli essere conculcati e nei loro bisogni non esser loro provveduto; e dall'altro lato, alcuni magnificati, favoriti e ben provveduti in tutti i loro bisogni, è cosa tanto intollerabile, che non vi si può durare, nè mai si fa altro che mormorare>). E voltandosi a noi, che eravamo giovani, più volte, replicò: <e Fuggite, figlioli, le particolarità come la dannazione» (III, 6r). Questo era il costume di Matteo da Schio: quando predicava tra anno, sempre se ne ritornava a mangiar coi frati. Diceva che non gli pareva di mangiare, quando mangiava fuori di refet– torio dei frati « e ogni volta che io mi ritrovo fuori dei nbstri luo– ghi, non mi pare di essere religioso. Io mangio di quello che man– giano gJi altri miei fratelli e tutto mi si fa latte e sangue ; e quando io mangio cose che non le mangiano gli altri miei tratelli, mi si èonvertono in tanto veleno» (III, 380).
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