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loro materialità. Occhi raccolti sempre ma non muti, perché spesso s'accendevano d'un sorriso caldo, radioso che lo abbelliva in modo sin– golare e faceva dire alla gente: « Pare che quella faccia mandi raggi ». Ricordiamo ancora al proposito - perché sta nei documenti - l'im– pressione di una dama della aristocrazia torinese. Dopo essere stata a mensa col padre Ignazio, deve riformare il concetto che s'era fatto sui santi (forse da certe immagini bizantine): figure rigide col volto tirato e cipiglio minaccioso. « Io credevo che i Santi fossero austeri; invece padre Ignazio è un santo piacevolissimo » •. E noi siamo disposti a dare ragione alla dama, almeno per la se– conda parte del ragionamento, anche se giudica l'austerità del Cappuc– cino dalla circostanza - certo non la più adatta - di un banchetto! « Quando sono debole, allora sono forte! » Si è già detto che la vecchiaia del nostro Beato fu aggravata da un discreto fardello di acciacchi. In realtà non tutti questi mali attesero gli ultimi anni per farsi sentire. Padre Eusebio ammira di qui la fortezza del padre Ignazio: « Egli soffriva senza lagnarsi gli incomodi che già al tempo del mio noviziato (1741) lo tormentavano » 1 : incomodi quindi che gli fecero compagnia per una trentina d'anni. Giustamente attesta pure la sua meraviglia il frate medico fra Fedele da Fossano, « cerusico e farmacista del Monte», compagno per 17 anni del Beato. La sua competenza ci garantisce la diagnosi delle indisposizioni del Padre affidato alle sue cure. « Padre Ignazio era travagliato da un'ernia intestinale che, special– mente negli ultimi anni, si rilassava con atroci spasimi. Doveva allora, se per via, ricoverarsi tosto in qualche casa; lo si vedeva raggomitolarsi tutto su se stesso, in silenzio; ma le contrazioni del volto dicevano assai. Il cinto erniario poi s'era cambiato in strumento di tortura; perché la pressione l'aveva talmente incarnato che, nell'estrarlo, « si portò via - dice il medico - anche la pelle » •. Altro strumento di tortura: i calli. L'operaio porta le stigmate del suo lavoro nelle mani; padre Ignazio le portava nelle ginocchia e nei piedi che furono gli strumenti più sfruttati del suo lavoro. Fra Eusebio 250

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