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Un solo cenno sia qui permesso su una sua caratteristica arte di destreggiarsi e di vincere anche le indisposizioni o le renitenze dello spi– rito; potremmo definirla: umile longanimità. Il mite Cappuccino del Monte aveva ricavato dal suo diuturno mi– nistero che anche nel trattamento delle anime « la carità non fallisce mai e finisce per vincere il male con il bene » ( 1 Cor. 13, 8; Rom. 12, 21). La pazienza e comprensione illimitata del Beato verso questi malati, ci ricorda un modo strano di agire che sembrerebbe incorrere nel difetto dei due pesi e due misure. Quanto più un santo sente le esigenze della giustizia, e si fa rigido e austero con sé, altrettanto si rivela largo e comprensivo con gli altri. È la stranezza di Gesù, che fu detto « amico dei pubblicani e dei peccatori» (Matt. 11, 19). Ricordate il Maestro di noviziato, cosi umano e discreto - in quei tempi - da commuovere gli stessi novizi? Se ebbe l'ardire di contra– stare 1'opinione dei confratelli fu solo quando si trattò di dare il voto favorevole per la professione dei Novizi, a cui altri avevano dato il • 8 voto negativo . Così sempre, anche con i confratelli più difficili e preoccupanti: la sua carità non sapeva mai disprezzare né abbandonare; nel dare i suoi giudizi pratici, era a tutti noto il suo criterio, basato sulle Costituzioni Cappuccine (n. 223) e ispirato al principio divino della misericordia verso la canna fessa e il lucignolo fumigante (Matt. 12, 20). Ecco perché il giudizio del padre Ignazio era diventato, per taluni soggetti, il tribunale d'ultima istanza! Alcuni religiosi, chiamati dal Superiore Provinciale al Monte per una paterna ammonizione, erano poscia dal medesimo affidati al padre Ignazio affinché si rav– vedessero e ritornassero al primitivo fervore. Si è osservato, in questo particolare, l'ottima riuscita di quanti furono assistiti da lui•. Tant'era la stima della virtù e della prudenza del Beato, che gli stessi Superiori Provinciali « conferivano con lui circa gli affari del loro governo, si affidavano al suo parere con esito felice ». Ma il più a contatto col padre Ignazio era evidentemente il buon padre Ermenegildo, che veniva talora a bussare alla cella del suo suddito per esporgli i casi perplessi del proprio governo. 226
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