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superiore, e non esitò a rispondere : « Vada dunque, Padre, con la benedizione di Dio ». Partito immediatamente, padre Ignazio ebbe appunto il tempo di amministrare all'infermo i Sacramenti e di confortarlo nel passo estremo. Vittorie come questa, ripagavano ad usura l'eroico frate di tutte le sue cadute: quando si riesce ad aprire a un'anima le vie del cielo, non ha importanza uno scivolone di frate asino sulle carreggiate della strada! Logica, questa, che il Padre cercava di fare entrare nella testa di coloro che si mostravano troppo pietosi verso di lui. Un giorno, proprio in mezzo allo sfarfallìo della neve, arriva alla porta del convento un domestico inviato dal suo padrone per avere a domicilio il Padre delle benedizioni. - Ma insomma - scatta un frate udendo la richiesta, - ci vuole un po' di discrezione con questo anziano; è pure lui malato! Padre Ignazio è presente e, con garbo, dice al suo avvocato: E le dà tanto fastidio questa cosa? - Sicuramente! - insiste lo zelante difensore. - A me, invece, niente affatto! - conclude il Padre accingendosi a partire. Il meno preoccupato degli incerti del mestiere era proprio lui, che, a giustificare le sue cadute, aveva una ragione, la più valida, almeno per sè: « Se il Monte dev'essere il mio Calvario, e Torino la mia Via crucis, che meraviglia che tocchi pure a me, come a Gesù, qualche caduta sotto la croce? » 10 • « Non sono medico né profeta! » Ciò che costituiva un vero fastidio per padre Ignazio, e gli creava un'intima sofferenza nei suoi contatti con i poveri e con gli infermi, era la pubblica voce di santo, di taumaturgo, congiunta a segni di vene– razione che il popolino non sa dissimulare né moderare. Un santo poi, nel giudizio del volgo, è colui che fa miracoli, e che profetizza l'avve– mre. Dunque il poveretto, chiamato in causa, aveva un bel protestare: egli doveva predire il futuro e guarire tutti i mali! Intemperanze di giu– dizi o di devozione. Andate a cambiare la testa alla gente! 219