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di farsi autorizzare, prima che da un diploma di predicazione, dalla propria coscienza di vivo esemplare delle verità che doveva predicare. In uno dei suoi discorsi si confessò così: « Non voglio insegnare agli altri ciò che prima non abbia praticato io » • « altrimenti ( soggiunge in una lettera a un ex-novizio) non si fa che del rumore nelle orecchie degli ascoltatori ». Non sentendosi dunque sicuro dell'autorizzazione della propria coscienza, volle rimettersi totalmente nelle mani del superiore. Quando poi l'obbedienza, che aveva tenuto tanto tempo questa magnifica lampada « sotto il moggio », la mise sul candelabro, tutti compresero perché essa fosse stata prima così nascosta. Non era stata nel padre Ignazio sfiducia nella propria dottrina né timore di una me– schina figura, sentimenti questi ormai superati, ma soltanto l'umile consapevolezza di non trovarsi ancora con la vita all'altezza delle verità da annunziare. Per il resto, ci assicura padre Onofrio da S. Agnese,« padre Ignazio non cercò mai la propria soddisfazione né l'ammirazione di chi l'udiva. Anzi riprendeva i novelli predicatori che componevano i loro sermoni con frasi intese da pochi, predicando così se stessi più che Gesù Cristo. Per essi ripeteva il verso che il nostro san Felice da Cantalice intonava volentieri a se stesso: Bo, bo, bo, molto dico e poco fa' » •. Non occorre qui ripetere l'episodio del rilancio del nostro Beato nella predicazione, per cui si rivelò la sua idoneità e grande facilità per il ministero apostolico. Se l'obbedienza non l'avesse obbligato, giammai si sarebbe esposto, e mai si sarebbe scoperto un oratore così ben fondato in dottrina e di tanta unzione da compungere i cuori di chiunque l'ascoltava. Al primo cenno, invece, dell'obbedienza, benché ricevuta alla vi– gilia degli Esercizi che doveva predicare, fu pronto: « li incominciò il dì seguente con universale gradimento » •. Padre Ignazio non predicò - per quanto sappiamo - in altre chiese tranne quella del Monte dei Cappuccini e ai soli confratelli, o a qualche gruppo di ecclesiastici, che vollero intervenire ai suoi Eser– cizi spirituali. Eppure in questa nuova attività egli rivelò tali doti e riscosse tale ammirazione da meritare, per parte nostra, una breve sosta sopra questa caratteristica della sua figura sacerdotale. 196
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