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diritto, aveva sopportato con inalterabile pazienza quella ingiusta filippica. E ricordò allora, giacché in guerra si parla sempre di eroi, la sen– tenza dei Proverbi: « L'uomo paziente vale più dell'eroe; e il domina– tore di se stesso vale più che l'espugnatore di città» (Prov. 16, 32) 10 • Ritorno alla pace Quanto durò questo genere di vita per il nostro Cappellano-capo? Racimolando le notizie sparse nei documenti, si può probabilmente concludere che il tempo sia stato non troppo lungo e fors'anche inter– mittente. Con il risolversi della guerra e dell'epidemia nel cuore del Piemonte, non v'era più motivo di tener acquartierate nel mondo que– ste milizie serafiche, che Dio aveva reclutate per le lotte pacifiche nella solitudine del chiostro. Il Re Carlo Emanuele III seppe condursi in queste vicende avverse con tale saggezza, che, nel 1746, vide risollevate le sorti del suo Regno. Riconquistata Asti (6 marzo 1746 ), riavuta Milano e la Lombardia dagli Alleati, Piemontesi e Austriaci uniti poterono ricacciare Francesi e Spagnoli dagli Appennini e infine anche dalle Alpi italiane. Più tardi, un ultimo tentativo di irruzione francese in Piemonte attraverso il colle dell'Assietta, fu vittoriosamente stroncato dai Piemontesi (19 luglio 1747): e segnò la pace per un quarantennio, ossia sino alla bufera della Rivoluzione Francese. Sbollito dunque il furore della peste e della guerra, padre Ignazio da frate soldato, ritornò frate cappuccino in pieno regime: « venne richiamato al convento del Monte di Torino ed egli vi ritornò povero • ll come ne era partito » . Ne provava, certo, nostalgia il suo spirito, fatto per le mistiche ascensioni nel silenzio del chiostro, ma doveva sentirne anche grande bisogno il suo fisico, sempre obbediente alle esigenze dello spirito, e costretto, da bravo frate asino, a tirare la carretta con poca biada e molte frustate. Ora almeno potrà ripromettersi un po' di tregua? Padre Ignazio non se la prospetta, perché per lui, riposare equivarrebbe a non essere più Cappuccino. 122
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